Art. 2
(Obiettivi)
1.
La Regione, nel rispetto dei principi di cui all'
articolo 1
ed in attuazione dello
Statuto regionale
, nell'ambito delle proprie competenze e in raccordo con i Comuni, il Centro per le pari opportunità di cui alla
legge regionale 15 aprile 2009, n. 6
(Istituzione del Centro per le pari opportunità e attuazione delle politiche di genere nella Regione Umbria), di seguito CPO, e le altre istituzioni, persegue i seguenti obiettivi:
a)
promuove azioni volte ad affermare la libertà e l'autodeterminazione delle donne;
b)
promuove la partecipazione paritaria delle donne e degli uomini nei luoghi di decisione e di governo;
c)
promuove progetti per la paritaria valorizzazione di genere e per il contrasto degli stereotipi e dei pregiudizi e favorisce la scelta consapevole e libera delle carriere di studio, dei lavori e delle professioni per entrambi i generi;
d)
favorisce l'equilibrio tra attività lavorativa e vita privata e familiare per donne e uomini attraverso politiche di conciliazione e di condivisione delle responsabilità;
e)
promuove e tutela la libera scelta alla maternità e paternità responsabili e favorisce la piena attuazione del diritto alla genitorialità;
f)
promuove l'occupazione femminile e sostiene il lavoro qualificato delle donne nella pubblica amministrazione, nelle imprese private e nel lavoro autonomo, favorendone l'ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro, la progressione di carriera, la presenza negli organi decisionali e contrastando la discriminazione e la segregazione formativa e professionale, promuove altresì il contrasto alla disparità retributiva tra uomini e donne;
g)
sostiene le professionalità e l'imprenditorialità femminili favorendo la creazione, lo sviluppo, la crescita dimensionale e la cooperazione tra imprese gestite da donne;
h)
sostiene le associazioni femminili e le forme aggregative tra donne;
i)
favorisce gli interventi di promozione della salute, della ricerca scientifica, farmacologica, dello studio dei fattori di rischio, delle diagnosi e dei trattamenti sanitari che tengono conto delle differenze tra donne e uomini e la diffusione e l'insegnamento della medicina di genere;
j)
favorisce, nell'ambito delle politiche sociali intese come fattore di sviluppo umano e di coesione sociale, il benessere delle donne attraverso percorsi individuali, politiche familiari e progetti di comunità;
k)
contrasta la violenza degli uomini sulle donne;
l)
promuove, nell'ambito delle attività di comunicazione e di informazione, la conoscenza e la diffusione del valore della differenza tra donne e uomini sostenendo il ruolo delle donne in campo sociale, professionale e politico;
m)
promuove il trasferimento e lo scambio di buone pratiche prodotte dalle donne nelle professioni, nella ricerca, nell'attività culturale e imprenditoriale, nella solidarietà e nel volontariato;
n)
promuove e divulga ricerche, studi e raccolta sistematica di documentazione sulla condizione di vita e di lavoro delle donne e sulle discriminazioni;
o)
promuove iniziative di valorizzazione e sostegno delle donne migranti o appartenenti a minoranze etniche, che ne favoriscano, nel rispetto delle differenze culturali, la presenza attiva nella vita economica, sociale, politica, culturale e civile;
p)
favorisce gli interventi di promozione del benessere organizzativo e della sicurezza e della salute delle donne e degli uomini sul luogo di lavoro nonché iniziative e percorsi formativi in materia di prevenzione dei rischi lavorativi connessi alle differenze di genere;
q)
promuove azioni rivolte alla sicurezza delle donne nelle città e negli spazi di vita comune
[ ... ]
[4]
;[5]
q bis)
riconosce adeguata tutela alle donne con disabilità, quale categoria soggetta a discriminazioni multiple e trasversali, sostenendo azioni finalizzate a garantire loro una piena inclusione nel tessuto sociale.
[6]
CAPO III
AZIONI TERRITORIALI
Art. 9
(Buone pratiche per nuovi stili di vita)
1.
La Regione, per favorire relazioni solidali, cooperative ed amicali fra donne e uomini nella vita quotidiana e la cura degli spazi condivisi, elabora linee di indirizzo per i Comuni affinché gli stessi nei propri strumenti urbanistici ed edilizi applichino nuovi criteri per la realizzazione di progetti abitativi, corredati da spazi destinati all'uso comune di attrezzature, risorse e servizi.
2.
La Regione, al fine di promuovere esperienze di vita solidali e sostenibili sul piano economico, sociale ed ecologico, favorisce:
a)
nuove forme di organizzazione urbana, quali quelle realizzate negli eco-villaggi e negli insediamenti abitativi composti da alloggi dotati di spazi destinati all'uso comune e alla condivisione (cohousing);
b)
nuove forme di mobilità sostenibile quali: autonoleggio a ore di mezzi di trasporto (carsharing), condivisione di auto private tra gruppi di persone (carpooling), percorsi sicuri casa-scuola e percorsi ciclabili;
c)
forme ed attività di condivisione di ambienti di lavoro attrezzati al fine di agevolare lo scambio, la collaborazione e la relazione professionale (coworking);
d)
forme di acquisto collettivo quali i gruppi di acquisto solidale e popolare di cui alla
legge regionale 10 febbraio 2011, n. 1
(Norme per il sostegno dei gruppi d'acquisto solidale e popolare (GASP) e per la promozione dei prodotti agroalimentari a chilometri zero, da filiera corta e di qualità);
e)
istituzione di centri di aggregazione sociale e culturale;
f)
iniziative di turismo responsabile;
g)
scambio tra le diverse popolazioni e comunità migranti residenti;
h)
scambio tra le diverse generazioni.
3.
La Regione, per la realizzazione dei progetti di cui al
comma 2
, stipula protocolli d'intesa con i soggetti pubblici o privati interessati.
4.
La Regione promuove forme di consultazione e coinvolgimento delle donne, delle associazioni, delle organizzazioni, degli organismi di pari opportunità, delle esperte, nei processi di progettazione urbanistica e di riqualificazione degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e benessere e per favorire percorsi di mobilità ed autonomia attenti alle esigenze della vita quotidiana delle persone di ogni generazione.
5.
La programmazione regionale tiene conto degli elementi innovativi emersi a seguito della realizzazione delle azioni previste dal presente articolo.
Art. 10
(Servizi di promozione del benessere)
1.
Al fine di promuovere relazioni rispettose, libere e consapevoli all'interno delle famiglie e tra le persone sono costituiti i Servizi di mediazione familiare e nelle relazioni.
2.
Per garantire la diffusione di tali servizi gli stessi possono essere realizzati presso le Aziende unità sanitarie locali e presso i Comuni, anche attraverso specifici accordi.
3.
Al fine di garantire alle donne di ogni età e provenienza sostegno relazionale, orientamento ed informazione dei servizi, anche in attuazione della presente legge, sono istituiti presso i Comuni o loro forme associative centri di aggregazione o servizi per favorire l'autodeterminazione delle donne.
4.
Con atto della Giunta regionale sono definite modalità di costituzione e funzionamento dei Servizi di mediazione familiare di cui al
comma 1
, nonché le modalità di costituzione dei centri di aggregazione o servizi di cui al
comma 3
.
Art. 11
(Banche dei beni e dei tempi)
1.
La Regione, per soddisfare i bisogni legati all'organizzazione della vita quotidiana, per rafforzare il reciproco aiuto nei quartieri, nelle piccole comunità e nelle scuole e per favorire la cultura del dono e della reciprocità e contrastare l'isolamento e la solitudine delle persone, sostiene i Comuni che promuovono la costituzione di associazioni denominate "Banche dei beni e dei tempi" quali esperienze organizzate di scambio alla pari di tempi, beni e servizi, senza la mediazione di denaro.
2.
I Comuni o le loro forme associative assicurano la logistica necessaria al funzionamento delle Banche dei beni e dei tempi, organizzano una costante attività di promozione e sensibilizzazione, assicurano la formazione dei soggetti aderenti e garantiscono lo scambio di informazioni tra le stesse, tenendo conto delle diverse popolazioni e comunità presenti nel territorio.
TITOLO III
POLITICHE REGIONALI
CAPO II
DIRITTO ALLA SALUTE DELLE DONNE
Art. 14
(Diritto alla salute delle donne)
1.
La Regione considera la salute come benessere non solo fisico ma emotivo e relazionale, rispettoso delle peculiarità ed aspettative delle persone malate e dei loro familiari e garantisce il diritto alla salute delle donne e degli uomini nel rispetto delle differenze biologiche, fisiologiche, psicologiche e culturali.
2.
La Regione, attraverso politiche mirate, sviluppa azioni ed interventi per un trattamento integrato delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza degli uomini contro le donne produce sulla salute delle donne.
3.
La Regione riconosce, attraverso politiche mirate, il principio che gli interventi di promozione della salute, della prevenzione, della ricerca farmacologica, le diagnosi e i trattamenti sanitari devono tenere conto della differenza di essere donna e uomo.
4.
La Regione sostiene le scelte procreative delle donne e la maternità e la paternità consapevoli.
5.
La Regione, nell'ambito della programmazione sanitaria, favorisce specifici interventi volti alla prevenzione delle patologie tumorali femminili, all'assistenza delle donne in gravidanza e all'educazione sessuale e riproduttiva delle stesse anche attraverso la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
6.
La Regione, attraverso politiche mirate, riduce il rischio per la salute delle donne tenendo in considerazione il contesto socio economico, le politiche per la famiglia, per l'occupazione e garantendo altresì la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro.
7.
La Regione implementa l'accesso ai servizi sanitari rendendoli più consoni alle esigenze delle donne.
8.
La Regione valorizza le associazioni, le organizzazioni delle donne e le competenze femminili che danno voce alla medicina di genere.
Art. 15
(Azioni specifiche per la salute)
1.
La Regione per le finalità di cui all'
articolo 14
:
a)
favorisce la libertà di scelta da parte della donna circa i luoghi dove partorire e circa l'organizzazione assistenziale e sanitaria dell'evento, ferme restando le esigenze primarie della sicurezza e della riduzione dei fattori di rischio ambientali, personali e sanitari incidenti sui tassi di morbilità e mortalità materna e neonatale;
b)
garantisce l'umanizzazione di tutto il percorso nascita, favorendo l'informazione e l'educazione alla salute delle donne sulla gravidanza e sulla gestione della stessa;
c)
promuove, nel rispetto della
legge 22 maggio 1978, n. 194
(Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), politiche di prevenzione attive per la salute sessuale e riproduttiva, politiche di riduzione di interruzioni volontarie della gravidanza (IVG) anche per le donne immigrate, nonché politiche di sostegno ai consultori territoriali;
d)
promuove la protezione della fertilità attraverso la prevenzione e la procreazione medicalmente assistita e tutela il post-parto;
e)
promuove studi volti alla conoscenza del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili al fine dell'abbattimento di tali pratiche anche organizzando percorsi di formazione agli operatori socio sanitari
[ ... ]
[10]
;[11]
e bis)
assicura la piena accessibilità dei servizi e dei presidi sanitari, sociosanitari e sociali da parte delle donne con disabilità, assicurando l?offerta di informazioni, in modo specifico e adeguato alla propria disabilità, per consentire e favorire la libera scelta circa la propria salute, con riguardo anche all?ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva.
[12]
Art. 16
(Percorso nascita)
1.
In attuazione di quanto previsto dall'
articolo 15, comma 1
, lettere a) e b), nell'ambito della riorganizzazione del percorso nascita e al fine di favorire la libera scelta delle modalità di espletamento del parto le Aziende sanitarie regionali organizzano, nell'ambito della rete ospedaliera dei punti nascita, delle aree demedicalizzate denominate "case della maternità".
CAPO III
LAVORO, FORMAZIONE E IMPRESA
Art. 17
(Servizi per il lavoro)
1.
La Regione riconosce, anche al fine della presente legge, il sistema regionale di servizi per il lavoro come riferimento territoriale per l'informazione, l'orientamento e l'erogazione delle misure di politica attiva a favore delle disoccupate e inoccupate e dei disoccupati e inoccupati iscritti ai servizi medesimi.
2.
La Regione, nell'ambito delle misure regionali per i Servizi per il lavoro, individua nel patto di servizio l'atto di impegno e definizione del percorso di inserimento lavorativo e dell'intervento destinato alle disoccupate e inoccupate e ai disoccupati e inoccupati.
3.
La Regione, nell'ambito del monitoraggio dei fabbisogni professionali delle imprese individua e verifica le competenze richieste dal sistema economico e istituisce un apposito catalogo dei lavori più richiesti e promuove una corrispondente offerta formativa.
4.
La Regione organizza e programma interventi di orientamento nelle scuole e presso i servizi per il lavoro destinati a migliorare la conoscenza del mercato del lavoro e dei fabbisogni professionali delle imprese, e l'accesso a programmi e strumenti di sostegno e per l'occupabilità, con specifica attenzione alla popolazione femminile.
5.
La Regione promuove la sperimentazione sul territorio di iniziative di impresa, di politica attiva e di promozione dell'occupazione femminile valutate quali buone prassi ai sensi della presente legge e ne sostiene la permanenza e la replicabilità.
6.
Alle disoccupate ed inoccupate, iscritte ai servizi per il lavoro, è destinata una quota del cinquanta per cento delle opportunità derivanti dai programmi di formazione e di politica attiva.
6 bis.
La Regione, nell?ambito delle misure regionali per i servizi per il lavoro, elabora e promuove azioni per favorire l?inserimento nel mercato del lavoro delle donne con disabilità, favorendo nelle sedi competenti forme di flessibilità adeguate alle specifiche esigenze connesse alla condizione di disabilità.
[13]
Art. 18
(Azioni di premialità per le imprese e per gli studi professionali)
1.
La Regione, per l'assunzione di donne disoccupate ed inoccupate iscritte ai servizi per il lavoro di cui all'
articolo 17
, attribuisce alle imprese e agli studi professionali, nel rispetto della normativa vigente, strumenti di premialità ed incentivi aggiuntivi con particolare riferimento all'incentivazione delle assunzioni a tempo indeterminato.
Art. 19
(Creazione d'impresa)
1.
La Regione favorisce e sostiene gli interventi volti alla creazione di nuove imprese a prevalente conduzione femminile ed all'occupazione delle donne.
2.
La Regione per le finalità di cui al
comma 1
:
a)
riserva, nell'ambito degli strumenti di programmazione previsti dalla vigente normativa e, in particolare, dal documento di indirizzo pluriennale di cui alla
legge regionale 23 dicembre 2008, n. 25
(Norme in materia di sviluppo, innovazione e competitività del sistema produttivo regionale), alle imprese a prevalente conduzione femminile, il quaranta per cento delle risorse disponibili per gli interventi a sostegno della creazione d'impresa;
b)
si avvale delle disposizioni di cui alla
legge regionale 23 marzo 1995, n. 12
(Agevolazioni per favorire l'occupazione giovanile con il sostegno di nuove iniziative imprenditoriali);
c)
si avvale del Fondo per il microcredito di cui all'
articolo 7 della legge regionale 30 marzo 2011, n. 4
(Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2011 in materia di entrate e di spese).
3.
La Giunta regionale definisce, con proprio atto, le modalità di attuazione e gestione del Fondo per il microcredito ai sensi dell'
articolo 7, comma 2 della l.r. 4/2011
e individua maggiorazioni di finanziamento o altre forme di premialità per le imprese di nuova costituzione a prevalente conduzione femminile.
Art. 20
(Sostegno all'imprenditoria femminile)
1.
La Regione, nell'ambito degli strumenti di programmazione previsti dalla vigente normativa e, in particolare, dal documento di indirizzo pluriennale di cui alla
l.r. 25/2008
, favorisce l'imprenditoria femminile per incrementare la presenza delle donne nel lavoro e nell'economia e definisce forme e strumenti di promozione del lavoro autonomo.
2.
La Regione per le finalità di cui al
comma 1
e con riferimento a provvedimenti e strumenti regionali per il sostegno allo sviluppo ed al rafforzamento delle Piccole e medie imprese (PMI), riserva quote non inferiori al venticinque per cento delle risorse assegnate a favore di imprese a prevalente conduzione femminile.
Art. 21
(Formazione professionale per l'imprenditoria)
1.
La Regione, nell'ambito dei corsi di formazione professionale per il lavoro autonomo e l'imprenditoria previsti dai piani regionali, riserva il cinquanta per cento dei posti alle donne disoccupate ed inoccupate iscritte ai servizi per il lavoro di cui all'
articolo 17
.
2.
La Regione, nell'ambito dei corsi di cui al
comma 1
, prevede percorsi formativi destinati a valorizzare e rafforzare la presenza femminile nel lavoro autonomo e nell'impresa nei settori di intervento strategici per l'economia regionale, ivi compresi quelli dell'artigianato artistico e tradizionale di cui alla
legge regionale 13 febbraio 2013, n. 4
(Testo unico in materia di artigianato), individuati con gli strumenti di programmazione di cui all'
articolo 19, comma 2, lettera a)
, nonché dalla
legge regionale 23 luglio 2003, n. 11
(Interventi a sostegno delle politiche attive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della
legge regionale 25 novembre 1998, n. 41
e disciplina del Fondo regionale per l'occupazione dei disabili).
Art. 22
(Passaggio generazionale del lavoro)
1.
La Regione promuove interventi a favore del passaggio generazionale delle imprese, del lavoro autonomo e del trasferimento dei saperi, con particolare attenzione alle imprese artigianali, tradizionali ed artistiche.
2.
La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina l'organizzazione e l'erogazione delle forme di incentivazione, assistenza e consulenza promosse attraverso il sistema regionale di servizi per il lavoro di cui all'
articolo 17
.
3.
Le risorse destinate agli interventi di cui al presente articolo sono riservate, per il cinquanta per cento, a progetti presentati da donne.
Art. 23
(Agevolazioni per l'accesso al credito)
1.
La Regione promuove l'accesso al credito da parte delle imprese femminili tramite specifiche azioni di informazione, assistenza e formazione.
2.
La Giunta regionale, con propri atti, individua modalità operative finalizzate a facilitare l'accesso ai fondi regionali di garanzia ed ai fondi di capitale di rischio alle imprese a prevalente conduzione femminile.
CAPO IV
CONCILIAZIONE E CONDIVISIONE
Art. 24
(Politiche di conciliazione e condivisione e di promozione ed inclusione sociale)
1.
La Regione riconosce che la conciliazione tra la vita delle persone e il lavoro remunerato, tra i tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e tempo per sé, migliora la qualità della vita delle comunità, la relazione tra i sessi e determina un processo di trasformazione dell'organizzazione della società, delle famiglie e del lavoro.
2.
La Regione riconosce il valore sociale della maternità e della paternità consapevoli e favorisce la condivisione delle responsabilità tra i genitori nei confronti dei figli.
3.
La Regione considera le politiche di conciliazione e condivisione elementi fondamentali nella riforma del sistema di welfare territoriale e del lavoro.
4.
La Regione, nell'ambito del sistema di welfare territoriale, rivolge particolare attenzione ai servizi e agli interventi sociali. La redazione, l'attuazione e la valutazione del Piano sociale regionale si attiene ai principi della presente legge.
5.
La Regione promuove il coordinamento dei tempi e degli orari dei servizi, del lavoro e delle città, nonché il monitoraggio della qualità progettuale e gestionale degli spazi delle città medesime.
Art. 25
(Azioni regionali)
1.
Per le finalità di cui all'
articolo 24
la Regione:
a)
stipula accordi territoriali per sperimentare nuovi modelli di organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche e nelle imprese private, per favorire la conciliazione tra vita privata e lavoro, e promuovere un'equa distribuzione del lavoro di cura tra i sessi;
b)
integra le politiche del tempo nei propri strumenti di programmazione generali e settoriali e promuove l'adozione, da parte dei Comuni, dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi;
c)
attua azioni di contrasto degli stereotipi legati al genere attraverso la promozione ed il sostegno finanziario di progetti formativi volti alla cura di sé, degli altri, del mondo;
d)
promuove campagne mediatiche di sensibilizzazione sul tema della condivisione delle responsabilità di cura e della corresponsabilizzazione dei padri nella cura e crescita dei figli;
e)
diffonde l'utilizzo del congedo di maternità, di paternità e parentale;
f)
promuove la formazione e la riqualificazione del management, pubblico e privato, secondo un'ottica di genere;
g)
promuove la formazione e la riqualificazione per donne e uomini che rientrano al lavoro dopo il congedo di maternità, di paternità e parentale;
h)
favorisce l'utilizzo del part-time per motivi parentali;
i)
favorisce l'inserimento lavorativo delle donne in particolari condizioni di disagio;
j)
garantisce azioni concrete mirate all'effettivo inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza;
k)
sostiene azioni di intervento sulla qualità e quantità dei servizi sociali, in particolare dei servizi socio-educativi per l'infanzia e l'adolescenza, di sostegno alle responsabilità familiari e alla non autosufficienza, nonché dei servizi educativi e scolastici, in particolare nidi, centri infanzia, servizi integrativi, promuovendo anche nuove forme di servizi innovativi ed integrativi per favorire la conciliazione e condivisione, soprattutto nel caso di lavori atipici e discontinui;
l)
stipula protocolli di intesa con enti locali e parti sociali per la pianificazione delle azioni di programmazione volte al sostegno ed al finanziamento dei servizi e degli strumenti per la conciliazione;
m)
stabilisce la programmazione annuale delle misure e delle azioni di cui al presente capo nell'ambito del Piano triennale per le politiche del lavoro di cui alla
legge regionale 25 novembre 1998, n. 41
(Norme in materia di politiche regionali del lavoro e di servizi per l'impiego), disposto previa concertazione con gli enti locali e forze sociali ed economiche.
Art. 26
(Azioni e progetti per la promozione degli interventi della
legge 8 marzo 2000, n. 53
)
1.
La Regione sostiene la sperimentazione di azioni e progetti per la conciliazione tra vita e lavoro realizzati in conformità alle indicazioni ed ai principi della
legge 8 marzo 2000, n. 53
(Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) che esplicano la propria azione sul territorio regionale umbro.
2.
I progetti ed azioni presentati ai sensi del
comma 1
approvati e non finanziati attraverso i contributi previsti dall'
articolo 9 della l. 53/2000
possono accedere alle risorse regionali stanziate per tale scopo nel Fondo regionale per la conciliazione di cui all'
articolo 27
.
3.
La Regione promuove e finanzia, nell'ambito della programmazione regionale, azioni di formazione ed assistenza alle imprese per la definizione dei progetti di cui al
comma 1
.
4.
La Regione promuove la costituzione di sportelli informativi attraverso i servizi per il lavoro e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sulle opportunità legate alla
l. 53/2000
ed alle ulteriori azioni regionali di cui alla presente legge.
5.
La Regione sostiene e promuove intese con i fondi interprofessionali per la realizzazione delle attività di formazione ed assistenza alle imprese per le finalità di cui al
comma 1
.
6.
I Comuni, per la realizzazione del coordinamento e dell'amministrazione degli orari dei servizi pubblici, di pubblico interesse o generale, ivi compresi gli uffici centrali e periferici delle amministrazione pubbliche, i pubblici esercizi e le attività di trasporto, sociali, socio-sanitarie, di formazione e istruzione, culturali, sportive, turistiche e di spettacolo, redigono i piani territoriali degli orari attenendosi ai seguenti criteri generali:
a)
accessibilità e fruibilità temporale dei servizi pubblici e privati, promuovendo il coordinamento tra orari e localizzazione dei servizi, favorendo la pluralità di offerta, agevolando l'accesso all'informazione con particolare riguardo alle aree urbane e alle aree a rischio di spopolamento;
b)
accessibilità e fruibilità degli orari dei servizi socio-educativi, assistenziali e sanitari, per durata media e per articolazione giornaliera, funzionali agli orari delle attività lavorative prevalenti sul territorio;
c)
corrispondenza degli orari e della frequenza dei trasporti pubblici con le esigenze di razionalizzazione della mobilità urbana ed extraurbana, anche attraverso l'utilizzo di mobilità alternative all'uso dell'auto privata;
d)
organizzazione degli orari di biblioteche, musei ed enti culturali in modo da consentirne un'ampia fruizione, mediante l'aumento della durata giornaliera di apertura, anche con estensione alle fasce serali e della durata settimanale di tutti i mesi dell'anno;
e)
riqualificazione degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e promuovere percorsi di mobilità attenti alle pratiche di vita quotidiane delle diverse fasce di età, anche attraverso l'utilizzo della progettazione partecipata quale buona prassi per il recupero di aree periferiche e per un nuovo organico rapporto tra cittadinanza e territorio;
f)
uso del tempo per fini di reciproca solidarietà e interesse.
7.
Ai sensi di quanto previsto dall'
articolo 22, comma 3 della l. 53/2000
, è istituito un comitato tecnico composto da esperti in materia di progettazione urbana, di analisi economica e sociale, di comunicazione sociale e di gestione organizzativa, con compiti consultivi e propositivi per le finalità di cui al presente capo e per la valutazione degli effetti sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari di cui al
comma 6
. La partecipazione al comitato è a titolo gratuito. La Giunta regionale con proprio atto stabilisce l'organizzazione nonché le modalità di costituzione e di funzionamento del comitato medesimo.
Art. 27
(Fondo regionale per la conciliazione)
1.
È istituito il Fondo regionale per la conciliazione per finanziare gli interventi di cui all'
articolo 26
, con particolare riferimento a quelli previsti all'
articolo 26, comma 2
, per erogare contributi a favore di asili nido interaziendali e territoriali, per sostenere specifiche forme di sostegno alla maternità per le donne lavoratrici e il ricorso al congedo parentale da parte dei padri di cui all'
articolo 28, comma 2
, promossi in sede di accordi contrattuali.
2.
La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina le modalità di gestione del Fondo di cui al
comma 1
.
Art. 28
(Ulteriori azioni promozionali e di sistema)
1.
La Regione promuove e sostiene in via sussidiaria ulteriori azioni e progetti in materie ed ambiti coerenti ed attinenti la promozione della conciliazione tra vita e lavoro, non previsti dagli articoli 25 e 26 della presente legge.
2.
La Regione individua forme di sostegno, attraverso misure mirate, alle aziende che favoriscono il ricorso al congedo parentale da parte dei padri, anche nell'ambito di accordi contrattuali, e promuove corsi di formazione e riqualificazione, coerenti con la mansione svolta precedentemente, per donne e uomini che rientrano al lavoro dopo il congedo obbligatorio e facoltativo di maternità e parentale.
3.
La Regione individua modalità d'intervento volte a definire, in via sperimentale, un sostegno per le donne la cui maternità non è sostenuta dalla normativa vigente.
4.
La Regione promuove un'azione mirata e continuativa di rilevazione delle azioni di conciliazione nelle imprese umbre e la verifica delle buone prassi di conciliazione presenti sul territorio.
5.
La Regione promuove, attraverso le azioni sostenute dalla programmazione regionale, strumenti di sostegno ed agevolazione finanziaria a favore delle imprese per gli interventi di conciliazione, con misure definite annualmente in sede di Piano triennale per le politiche del lavoro, quali incentivi per la personalizzazione degli orari, sostegno al telelavoro, nidi aziendali, nonché la promozione di misure a sostegno degli interventi di conciliazione definiti tramite contrattazione aziendale o territoriale da sottoporre a monitoraggio per garantire la coerenza con le finalità di conciliazione e condivisione.
[ 6. ]
[14]
[ 7. ]
[15]
Art. 29
(Azioni rivolte all'amministrazione regionale)
1.
La Regione:
a)
garantisce pari opportunità nell'organizzazione del personale regionale e nello sviluppo delle carriere, e favorisce una presenza equilibrata tra i sessi nelle attività e nelle posizioni apicali;
b)
promuove l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionale e nei livelli in cui sono sottorappresentate, in modo particolare in quelli di più elevata responsabilità;
c)
valorizza l'utilizzo degli istituti del rapporto di lavoro finalizzati alla conciliazione dei tempi lavorativi con i tempi di cura e di assistenza delle persone, anche promuovendo interventi per familiari di persone disabili;
d)
promuove corsi di formazione e riqualificazione per favorire le donne nei percorsi di carriera;
e)
garantisce il sostegno al reinserimento non penalizzante delle lavoratrici e dei lavoratori a seguito di malattie di lunga durata e del godimento del congedo parentale;
f)
predispone il piano di azioni positive anche su proposta del Comitato Unico di Garanzia (CUG) e la valutazione del benessere lavorativo e dei rischi da stress lavoro-correlato e genere-correlato da prevedere ai sensi del
decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
(Attuazione dell'
articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123
, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) nei documenti di Valutazione del Rischio lavorativo.
CAPO V
SERVIZI DI CONTRASTO ALLA VIOLENZA DEGLI UOMINI CONTRO LE DONNE
Art. 30
(Violenza degli uomini contro le donne)
1.
La Regione riconosce che ogni tipo di violenza contro le donne, ivi compresa la minaccia di tale atto, la persecuzione, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata, costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali alla vita, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità, all'integrità fisica e psichica e costituisce un'autentica minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto ad un'esistenza sicura, libera e dignitosa.
2.
Per violenza degli uomini contro le donne si intende qualsiasi forma di violenza rivolta contro le donne, indipendentemente dalla cittadinanza e dall'orientamento politico, religioso o sessuale delle vittime. Sono comprese la violenza sessuale e qualsiasi forma di persecuzione o violenza fisica, psicologica ed economica che un uomo esercita su una donna in famiglia, nel posto di lavoro, nella società, compreso lo stalking.
Art. 31
(Competenze della Regione)
1.
La Regione assicura il diritto alla protezione, accoglienza, sostegno e soccorso alle donne vittime di violenza maschile ed ai loro figli minori secondo i principi previsti dalla "Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza domestica" fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 e dalla
legge 15 ottobre 2013, n. 119
.
2.
La Regione, in particolare:
a)
promuove protezione, adeguata accoglienza, solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di maltrattamenti fisici, psicologici, economici, di persecuzioni, di stupro, di molestie sessuali e alle vittime di minaccia di tali atti, indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro cittadinanza
e, in particolare, assicura interventi in ausilio e supporto delle donne con disabilità che intendono sporgere denuncia o adire l?autorità giudiziaria[16]
;
b)
promuove un Sistema regionale di prevenzione e di contrasto alla violenza degli uomini contro le donne costituito dal Sistema di servizi di cui alla
lettera c)
e dalla Rete di cui all'
articolo 33
;
c)
promuove un Sistema di servizi di prevenzione e contrasto alla violenza degli uomini contro le donne formato dal CPO, dai Centri antiviolenza, dalle Case rifugio, dai punti di ascolto e dai punti di emersione, tra cui i punti di accoglienza qualificati nelle aziende ospedaliere e sanitarie, dai servizi sociali e sanitari territoriali competenti e dai servizi per il lavoro;
d)
coordina il sistema regionale dei servizi monitorando e verificando il funzionamento e la qualità dei servizi resi;
e)
istituisce Tavoli di Coordinamento per il contrasto della violenza degli uomini contro le donne e il loro reinserimento socio-lavorativo, con il compito di agevolare gli indirizzi di programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche territoriali di contrasto e trattamento della violenza contro le donne e la loro integrazione con le politiche sociali della casa e del lavoro;
f)
istituisce l'elenco regionale dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio autorizzati ai sensi dell'
articolo 32, comma 4
;
g)
promuove iniziative di informazione, sensibilizzazione e formazione sul fenomeno della violenza rivolte in particolare a uomini e ragazzi allo scopo di prevenire ogni forma di violenza in tutti gli ambiti a partire da quello familiare;
h)
promuove interventi finalizzati all'autonomia abitativa per le donne vittime di violenza prevedendo condizioni di particolare favore per l'accesso alla locazione e alla proprietà degli alloggi;
i)
riconosce e valorizza i percorsi di elaborazione culturale e le pratiche di accoglienza autonome e autogestite dalle donne, promossi da soggetti pubblici o privati che hanno come scopo la lotta alla violenza contro le donne;
j)
promuove un'immagine rispettosa delle donne nei media e nella pubblicità di prevenzione alla violenza;
k)
promuove intese e collaborazioni con istituzioni locali e territoriali per prevenire e contrastare la violenza sulle donne e tutelare le vittime di violenza assistita;
l)
assicura misure specifiche in favore di figli minori vittime di violenza assistita;
m)
promuove l'attivazione di percorsi di ascolto e recupero di uomini maltrattanti.
3.
Al fine di tutelare l'interesse pubblico alla promozione delle pari opportunità ed alla rimozione di ogni forma di discriminazione basata sul genere, la Regione può costituirsi parte civile nei processi per omicidio riconducibili al fenomeno di "femminicidio".
4.
La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, definisce con proprio atto il funzionamento del Sistema di servizi di prevenzione e contrasto alla violenza degli uomini contro le donne di cui al
comma 2, lettera c)
, anche attraverso la predisposizione di specifiche linee guida.
5.
La Giunta regionale approva annualmente il Programma Regionale di prevenzione e contrasto della violenza di genere e riferisce in Assemblea Legislativa sulla sua attuazione e sull'andamento del fenomeno della violenza. Gli interventi previsti dal Programma possono riguardare tra l'altro:
a)
il coordinamento e il funzionamento della Rete di cui all'
articolo 33
;
b)
il sostegno di progetti di prevenzione e contrasto della violenza, anche nelle scuole;
c)
la realizzazione di progetti sperimentali;
d)
l'implementazione e il funzionamento dell'Osservatorio regionale di cui all'
articolo 40
.
6.
La Giunta regionale elabora un Protocollo unico regionale che regola le modalità di relazione tra i diversi soggetti della Rete di cui all'
articolo 33
, la metodologia basata su un approccio di genere e di gestione integrata multidisciplinare comprensiva della presa in carico di cui all'
articolo 35, comma 4
dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, e il ruolo e gli impegni di ciascun soggetto firmatario del Protocollo medesimo.
Art. 32
(Competenze dei Comuni e delle Zone sociali)
1.
I Comuni, in forma singola o associata, promuovono l'istituzione e la localizzazione dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio ai sensi dell'
articolo 35, comma 1, lettera a)
, tenuto conto dei requisiti di accessibilità, sicurezza e riservatezza.
2.
I Comuni, in forma singola o associata, assicurano la gestione dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio di cui al
comma 1
, ed eventualmente dei punti d'ascolto, mediante convenzioni con associazioni ed organizzazioni di donne iscritte ai registri del volontariato o della promozione sociale, e organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che hanno come finalità ed attività primarie la prevenzione e il contrasto della violenza degli uomini contro le donne, l'adesione agli obiettivi della Convenzione di Istanbul, nonché abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne.
3.
I Comuni valorizzano la pratica di accoglienza, basata sulla relazione tra donne, autonoma e autogestita, attribuendo priorità alle associazioni femminili per gli interventi e le attività previste del presente Capo e favorendone, comunque, il coinvolgimento.
4.
Le Zone sociali di cui all'
articolo 268 bis della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11
(Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali), tramite il Comune capofila, autorizzano i Centri antiviolenza e le Case rifugio secondo i criteri e le modalità stabiliti dal regolamento di cui all'
articolo 35, comma 2, lettera b)
.
Art. 33
(Rete di prevenzione e contrasto alla violenza degli uomini contro le donne)
1.
Al fine di favorire l'erogazione dei servizi alle donne vittime della violenza maschile, la Regione promuove la costituzione della Rete di prevenzione e contrasto alla violenza degli uomini contro le donne quale forma integrata di percorsi di accoglienza e di uscita dalla violenza.
2.
Fanno parte della Rete di cui al
comma 1
gli enti locali, le aziende ospedaliere, le aziende unità sanitarie locali, il CPO, i Centri antiviolenza e le Case rifugio, che sottoscrivono il Protocollo Unico di cui all'
articolo 31, comma 6
. Possono altresì sottoscrivere il suddetto Protocollo anche le Forze dell'ordine, la Magistratura ordinaria e minorile, l'Ufficio scolastico regionale, le associazioni di donne e di tutela ai bambini e i soggetti che hanno come finalità il contrasto della violenza degli uomini contro le donne.
3.
L'assistenza e la protezione da parte dei soggetti della Rete di cui al
comma 1
sono attivate su richiesta della donna presso qualsiasi punto di accesso o di emersione.
4.
Le azioni necessarie a conseguire la fuoriuscita delle donne dalla violenza vengono attuate in modo integrato con le risorse e i servizi dei soggetti istituzionali, associativi e dell'impresa sociale, appartenenti alla Rete di cui al
comma 1
presenti nel territorio. I percorsi di fuoriuscita dalla violenza sono attuati nell'ottica di reinserire la donna nel contesto sociale in cui risiede.
Art. 34
(Interventi per minori testimoni di violenza)
1.
La Regione promuove interventi per minori testimoni di violenza finalizzati al superamento del trauma subito e al recupero del benessere psico-fisico e delle capacità relazionali.
2.
La Regione, in coerenza con la programmazione regionale di settore, garantisce la realizzazione delle azioni di cui al
comma 1
all'interno del Protocollo Unico di cui all'
articolo 31, comma 6
.
Art. 35
(Centri antiviolenza e Case rifugio)
1.
I Centri antiviolenza e le Case rifugio, ai sensi dell'
articolo 5 bis del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93
(Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito con modificazioni dalla
legge 15 ottobre 2013, n. 119
, sono promossi da:
a)
enti locali, in forma singola o associata;
b)
associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato;
c)
soggetti di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
2.
La Giunta regionale, con proprio regolamento:
a)
stabilisce i requisiti dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti dalla normativa vigente nonché di quanto previsto dagli articoli 36 e 37, ai fini dell'iscrizione nell'elenco di cui all'
articolo 31, comma 2, lettera f)
;
b)
stabilisce i criteri e le modalità per il rilascio delle autorizzazioni di cui all'
articolo 32, comma 4
.
3.
I Centri antiviolenza e le Case rifugio definiscono e attuano il progetto e il percorso personalizzato di protezione e sostegno per la fuoriuscita delle donne dalla violenza, provvedendo anche alla cura di eventuali minori a carico, nel rispetto dell'autodeterminazione della donna accolta.
4.
I Centri antiviolenza e le Case rifugio prendono in carico le donne vittime di violenza che intraprendono un percorso di uscita dalla violenza.
5.
I Centri antiviolenza e le Case rifugio, utilizzando anche la collaborazione con le Forze dell'ordine come previsto dall'Intesa 27 novembre 2014, n. 146/C (Intesa, ai sensi dell'
articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131
, tra il Governo e le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, prevista dall'
articolo 3, comma 4, del D.P.C.M. del 24 giugno 2014
), si avvalgono dei competenti servizi pubblici territoriali con un approccio integrato atto a garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza sotto il profilo relazionale, fisico, psicologico, sessuale, sociale, culturale ed economico.
6.
I Centri antiviolenza e le Case rifugio, nel rispetto di quanto previsto dall'
articolo 5 bis del d.l. 93/2013
, dispongono di personale esclusivamente femminile, adeguatamente formato, adottano una prospettiva di genere e valorizzano la pratica di accoglienza basate sulla relazione tra donne.
7.
Il CPO nell'ambito dei compiti di cui all'
articolo 5, comma 1, lettera f), della l.r. 6/2009
, attraverso il Servizio Telefono Donna svolge attività e funzioni di cui al
comma 4
e di cui all'
articolo 36
.
Art. 36
(Centri antiviolenza)
1.
I Centri antiviolenza, residenziali e non residenziali, sono strutture che erogano servizi specializzati con finalità di prevenzione e contrasto alla violenza di genere con azioni di sostegno e di protezione alle vittime e ai minori testimoni di violenza.
2.
I Centri antiviolenza, nel rispetto della riservatezza e dell'anonimato, realizzano, a titolo gratuito, l'accoglienza e la presa in carico delle donne vittime di violenza e dei minori vittime di violenza assistita attraverso le seguenti funzioni:
a)
accoglienza telefonica ventiquattro ore, sette giorni su sette, utilizzando il numero unico regionale dedicato;
b)
colloqui di accoglienza di valutazione preliminare e rilevazione del pericolo;
c)
messa in sicurezza delle donne vittime di violenza;
d)
consulenze psicologiche e legali;
e)
accompagnamento delle donne nella fruizione dei servizi pubblici, con particolare riferimento ai servizi sociali e socio-sanitari, e privati, nel rispetto dell'identità culturale e della libertà di ognuna di esse;
f)
definizione e realizzazione, concordata con la donna, di percorsi di uscita dalla violenza tendenti a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia;
g)
sostegno al cambiamento e al rafforzamento dell'autostima;
h)
attuazione di misure a tutela dei minori testimoni di violenza;
i)
orientamento e sostegno per la ricerca del lavoro e della casa;
j)
mediazione interculturale.
3.
I centri antiviolenza svolgono inoltre le seguenti attività:
a)
promuovono lo sviluppo delle relazioni solidali tra donne, favorendo l'incontro e lo scambio tra donne vittime di violenza maschile e donne del mondo dell'associazionismo femminile e femminista;
b)
realizzano azioni di sensibilizzazione e di informazione anche in collaborazione con altri soggetti istituzionali e della società civile;
c)
curano la raccolta dei dati relativi alla propria utenza e li trasmettono all'Osservatorio regionale di cui all'
articolo 40
.
Art. 37
(Case rifugio e soluzioni abitative temporanee)
1.
Le Case rifugio sono strutture ad indirizzo segreto dove le donne vittime della violenza maschile, sole o con figli minori, sono accolte e protette a titolo gratuito.
2.
Le Case rifugio sono promosse dai soggetti di cui all'
articolo 35, comma 1
, e possono essere gestite direttamente dai Centri antiviolenza.
3.
Le Case rifugio sono strutture di ospitalità temporanea per salvaguardare l'incolumità fisica e psichica delle donne volta a garantire, insieme alla residenza, un progetto personalizzato di sostegno e di inclusione sociale.
4.
La Rete di cui all'
articolo 33
assicura la disponibilità di strutture alloggiative temporanee, individuali e collettive, nelle quali sono ospitate le donne vittime di violenza e dei loro eventuali figli minori, che necessitano comunque di un periodo di tempo per raggiungere l'autonomia abitativa o per rientrare in possesso della precedente abitazione.
5.
L'inserimento nelle Case rifugio e nelle soluzioni abitative temporanee è effettuato dai Centri antiviolenza anche su segnalazione dei soggetti della Rete di cui all'
articolo 33
.
6.
Le Case rifugio curano la raccolta dei dati relativi alla propria utenza e li trasmettono all'Osservatorio regionale di cui all'
articolo 40
.
Art. 38
(Formazione e aggiornamento)
1.
Il CPO, in attuazione di quanto previsto dal Programma Regionale di interventi e azioni di cui all'
articolo 31, comma 5
, promuove iniziative e percorsi formativi e di aggiornamento per tutti i soggetti della Rete di cui all'
articolo 33
e per gli operatori e le operatrici del Sistema di servizi di prevenzione e contrasto alla violenza degli uomini contro le donne di cui all'
articolo 31, comma 2, lettera c)
, secondo un approccio di intervento integrato e multidisciplinare.
2.
La Regione promuove anche azioni di sensibilizzazione degli operatori socio-sanitari ed in particolare degli operatori e delle operatrici di Pronto soccorso, dei medici e delle donne medico di base, dei pediatri e delle pediatre di libera scelta, degli operatori e delle operatrici dei consultori e dei Centri igiene mentale (CIM), dei Servizi per le Tossicodipendenze (SERT) e della Guardia medica.
Art. 39
(Interventi per uomini autori di maltrattamenti)
1.
La Regione, nell'ambito del Programma Regionale di interventi e azioni di cui all'
articolo 31, comma 5
, prevede l'istituzione, nell'ambito dei servizi sanitari regionali, di punti di ascolto per uomini autori di maltrattamenti.
2.
I punti di ascolto di cui al
comma 1
, per favorire radicali cambiamenti nelle relazioni familiari ed affettive, garantiscono agli utenti colloqui, anche anonimi, ed interventi mirati di psicoterapia, incontri e attività di auto-mutuo aiuto tra uomini.
Art. 40
(Osservatorio regionale sulla violenza degli uomini contro le donne)
1.
È istituito, presso la Giunta regionale, l'Osservatorio regionale sulla violenza di genere. L'Osservatorio è uno strumento determinante per lo studio del fenomeno della violenza, per la conseguente definizione di azioni e politiche di intervento e per il monitoraggio dell'attività dei servizi della Rete di cui all'
articolo 33
.
2.
I soggetti della Rete di cui all'
articolo 33, comma 2
, primo periodo, devono inviare all'Osservatorio, in forma anonima, i dati raccolti nell'esercizio dell'attività di contrasto alla violenza.
3.
La Regione, per il funzionamento dell'Osservatorio di cui al
comma 1
, si avvale del CPO e dell'Agenzia Umbria Ricerche (AUR) di cui alla
legge regionale 27 marzo 2000, n. 30
(Istituzione dell'Agenzia regionale umbra per la ricerca socio - economica e territoriale, denominata "Agenzia Umbria ricerche"), secondo le rispettive competenze istituzionali.
4.
La Giunta regionale con proprio atto stabilisce la composizione e le modalità di funzionamento dell'Osservatorio.
5.
La partecipazione all'Osservatorio è a titolo gratuito.
Art. 41
(Trattamento dati)
1.
I soggetti facenti parte della Rete di cui all'
articolo 33
, stante la rilevante finalità di interesse pubblico perseguita, trattano i dati in loro possesso inerenti le finalità di cui al presente capo nel rispetto della vigente normativa di protezione dei dati personali.
TITOLO IV
INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE