CAPO II
Requisiti e servizi dei Centri antiviolenza
Art. 2
(Centri antiviolenza)
1.
I CAV, residenziali e non residenziali, sono le strutture di cui agli articoli 35 e 36 della
l.r. 14/2016
in cui, nel rispetto della riservatezza e dell'anonimato, sono accolte, a titolo gratuito, le donne di tutte le età che hanno subito violenza o che si trovano esposte alla minaccia di ogni forma di violenza, indipendentemente dal luogo di residenza e le loro figlie e i loro figli minori.
2.
I CAV garantiscono la protezione e l'attuazione del progetto personalizzato volto alla fuoriuscita delle donne dalla violenza e la cura degli eventuali minori a carico ed attivano, qualora necessario, interventi per la salute psico-fisica.
3.
I CAV, nell'ambito dei singoli percorsi di uscita della violenza, si mettono in relazione con i soggetti della Rete di prevenzione e contrasto alla violenza degli uomini contro le donne di cui l'
articolo 33 della l.r. 14/2016
, al fine di attivare un percorso integrato e condiviso di contrasto al maltrattamento.
4.
I CAV, ai sensi dell'
articolo 35 della l.r. 14/2016
, sono promossi da:
a)
enti locali, in forma singola o associata;
b)
associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza degli uomini contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificatamente formato;
c)
soggetti di cui alle lettere a) e b) di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
5.
I Comuni, ai sensi dell'
articolo 32, comma 2 della l.r. 14/2016
, in forma singola o associata, assicurano la gestione dei CAV mediante convenzioni con le associazioni ed organizzazioni di donne di cui al
comma 4, lettera b)
, iscritte ai registri del volontariato e della promozione sociale, e con le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) che abbiano come finalità ed attività primarie la prevenzione e il contrasto della violenza degli uomini contro le donne e l'adesione agli obiettivi della Convenzione di Istanbul, nonché abbiano maturato un'esperienza, almeno quinquennale specifica, in materia di violenza contro le donne.
6.
I CAV svolgono le funzioni di cui all'
articolo 36, comma 2 della l.r. 14/2016
garantendo:
a)
il possesso di competenze multidisciplinari del personale impiegato, con particolare riferimento al momento dell'accoglienza. Tale personale deve possedere formazione e specifiche competenze multidisciplinari in materia di violenza contro le donne ed avere i profili professionali di cui all'
articolo 13
;
b)
la chiarezza delle informazioni rese dal personale, che devono essere comprensibili sia nel contatto telefonico che durante il colloquio, anche attraverso il supporto del servizio di mediazione linguistico-culturale, qualora le donne interessate siano straniere;
c)
il rispetto della sfera di riservatezza delle donne. I dati sono tenuti dal CAV nel rispetto del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la
direttiva 95/46/CE
(regolamento generale sulla protezione dei dati) e vengono utilizzati esclusivamente in forma anonima per finalità di monitoraggio e per indagini statistiche;
d)
l'accessibilità al CAV da parte di tutte le donne e delle proprie figlie e dei propri figli minori, senza limitazioni.
Art. 3
(Requisiti strutturali ed organizzativi dei Centri antiviolenza residenziali)
1.
I CAV residenziali sono strutture di ospitalità temporanea in grado di offrire accoglienza e protezione alle donne vittime di violenza e alle loro figlie e ai loro figli minori e di salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica, nell'ambito di un progetto personalizzato di recupero e di inclusione sociale che:
a)
è condiviso con la donna;
b)
è volto a ripristinare l'autonoma individualità della donna stessa, nel rispetto della riservatezza e dell'anonimato;
c)
contiene la durata della permanenza.
2.
La struttura destinata a sede operativa del CAV residenziale deve possedere i requisiti di abitabilità e deve essere articolata in locali idonei a garantire le diverse attività, per le donne e per i minori, nel rispetto della privacy.
3.
Il CAV residenziale è operativo ventiquattro ore al giorno, per trecentosessantacinque giorni all'anno, garantisce un numero di telefono dedicato, attivo 24 ore su 24. Il CAV aderisce al numero telefonico nazionale di pubblica utilità 1522 ed assicura l'ingresso nella mappatura tenuta dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.
4.
Il CAV è articolato per le diverse attività rivolte a donne e minori, nel rispetto della privacy, con una adeguata distribuzione degli spazi ed assicura alloggio e beni primari per la vita quotidiana garantendo alle ospiti un approccio integrato sotto il profilo relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale ed economico, ai fini del riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita.
5.
I CAV residenziali devono possedere gli ulteriori requisiti di seguito elencati:
a)
essere riservati alle donne e alle proprie figlie e ai propri figli minori e alle operatrici;
b)
essere ubicati in luoghi accessibili, idonei ad attivare, senza particolari difficoltà logistiche ed organizzative, rapporti significativi col contesto socio-sanitario di riferimento e iniziative di integrazione scolastica, relazionale e di tempo libero;
c)
avere spazi interni, quali camere, sale, servizi igienici, organizzati in modo tale da garantire alle destinatarie un livello adeguato di ospitalità, fruibilità, funzionalità e privacy, con particolare riferimento al mantenimento e allo sviluppo dell'autonomia individuale. In particolare, devono avere:
1)
camere da letto per le ospiti con arredi decorosi e funzionali;
2)
un servizio igienico ogni quattro ospiti e un servizio igienico per le operatrici;
3)
una stanza per le funzioni amministrative e per le operatrici;
4)
una zona pranzo e soggiorno, nonché un locale adibito a cucina e dispensa adeguato alle modalità del servizio offerto;
5)
un locale lavanderia, se il servizio non è esternalizzato o realizzato presso altra sede;
6)
spazi appositamente organizzati per le attività collettive e di socializzazione, distinti dagli spazi destinati alle camere da letto;
7)
uno spazio gioco per bambini, con giocattoli adatti alle differenti età;
d)
garantire qualità, quantità e sicurezza degli arredi, che devono essere conformi a quanto in uso nelle civili abitazioni, curati ed esteticamente gradevoli;
e)
avere attrezzature e utensili funzionali e fruibili;
f)
garantire il livello della temperatura delle stanze in modo che la stessa sia confortevole;
g)
avere almeno un impianto televisivo, un telefono, un computer e un accesso internet, fruibili dai minorenni secondo modalità disciplinate dal regolamento di cui all' articolo 5.
6.
Il CAV residenziale può articolarsi anche con sportelli sul territorio ed essere ubicato anche presso strutture sanitarie.
Art. 4
(Requisiti strutturali e organizzativi dei Centri antiviolenza non residenziali)
1.
Il CAV non residenziale garantisce un'apertura di almeno cinque giorni alla settimana, compresi, di norma, i giorni festivi, attiva i numeri telefonici dedicati e offre i servizi minimi previsti dall'
articolo 4
dell'Intesa di cui all'
articolo 1, comma 2, lettera c)
.
2.
Il CAV non residenziale aderisce al numero telefonico nazionale di pubblica utilità 1522 ed assicura l'ingresso nella mappatura tenuta dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.
3.
La struttura destinata a sede operativa del CAV non residenziale deve possedere i requisiti di abitabilità e deve essere articolata in locali idonei a garantire le funzioni espletate, nel rispetto della privacy.
4.
Il CAV non residenziale può articolarsi anche con sportelli sul territorio ed essere ubicato anche presso strutture sanitarie.
5.
Il CAV non residenziale deve avere la seguente suddivisione degli spazi, che garantiscano la privacy:
a)
almeno uno spazio dedicato alla consulenza;
b)
almeno uno spazio per le funzioni di amministrazione della struttura;
c)
almeno uno spazio per l'accoglienza;
d)
uno spazio gioco per bambini con giocattoli adatti alle differenti età;
e)
almeno un servizio igienico.
6.
Il CAV non residenziale deve essere dotato almeno di un telefono, di un personal computer con connessione internet e di una fotocopiatrice.
Art. 5
(Regolamento interno e carta dei servizi dei Centri antiviolenza residenziali e non residenziali)
1.
I CAV, residenziali e non residenziali, devono dotarsi di un regolamento interno che preveda, in particolare:
a)
le modalità per garantire l'anonimato e la riservatezza;
b)
le modalità di ingresso ed uscita delle donne;
c)
l'organizzazione quotidiana interna delle attività;
d)
le azioni calibrate sui bisogni dei minori;
e)
le modalità di attivazione dei percorsi di prevenzione e cura della salute in base alla volontà della donna;
f)
le modalità di accesso ad internet dei minori;
g)
la previsione delle circostanze di interruzione dei progetti di ospitalità;
h)
la scheda per eventuali reclami contenente contatti telefonici degli enti pubblici ai quali la donna ospitata può rivolgersi;
i)
la scheda di rilevazione del servizio offerto dal CAV da compilare a conclusione del piano individuale, da utilizzare ai fini del monitoraggio e della valutazione del servizio offerto.
2.
Ogni CAV deve dotarsi di una Carta dei servizi contenente, in particolare, l'orario di apertura, i servizi resi, le modalità di presentazione di eventuali reclami, i recapiti dei servizi sanitari e sociali territoriali. Alla carta dei servizi, consegnata ad ogni donna, è allegata una scheda di valutazione del servizio offerto resa in forma anonima, al fine di migliorare il servizio stesso. Tale scheda è utilizzata anche per l'attività di monitoraggio da parte della Regione.
Art. 6
(Servizi minimi dei Centri antiviolenza residenziali e non residenziali)
1.
I Centri antiviolenza residenziali e non residenziali garantiscono, a titolo gratuito, i seguenti servizi minimi:
a)
ascolto: colloqui telefonici e preliminari presso la sede per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni utili;
b)
accoglienza: protezione e accoglienza gratuita alle donne vittime di violenza a seguito di colloqui strutturati volti ad elaborare un percorso individuale di accompagnamento mediante un progetto personalizzato di uscita dalla violenza;
c)
assistenza psicologica: supporto psicologico individuale o anche tramite gruppi di auto mutuo aiuto, anche utilizzando le strutture ospedaliere ed i servizi territoriali;
d)
assistenza legale: colloqui di informazione e di orientamento, supporto di carattere legale sia in ambito civile che penale, informazione e aiuto per l'accesso al gratuito patrocinio, in tutte le fasi del processo penale e civile di cui all'
articolo 2, comma 1 del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93
(Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province);
e)
la definizione di un progetto individuale di fuoriuscita dalla violenza nei tempi e con le modalità condivise con la donna accolta;
f)
supporto ai minori vittime di violenza assistita, secondo le modalità previste dalla legge e/o in raccordo con i servizi presenti sul territorio;
g)
orientamento al lavoro: attraverso informazioni e contatti con i servizi sociali e con i servizi per il lavoro per individuare un percorso di inclusione lavorativa verso l'autonomia economica;
h)
orientamento all'autonomia abitativa: anche attraverso convenzioni e protocolli con enti locali e altre agenzie.
2.
Al personale del CAV è fatto esplicito divieto di applicare le tecniche di mediazione familiare.
3.
I CAV residenziali garantiscono anche alloggio e beni primari per la vita quotidiana anche alle donne non residenti nel comune ove è ubicata la struttura.
4.
I CAV devono garantire la presa in carico, la definizione del progetto personalizzato e i servizi minimi anche alle donne ospiti nelle Case rifugio di cui all'
articolo 7
, nelle Case rifugio di emergenza-urgenza di cui all'
articolo 10
e nelle Case di semi-autonomia di cui all'
articolo 12
della Zona sociale di appartenenza.
5.
I CAV, inoltre, devono garantire:
a)
un'attività di raccolta e analisi di dati e di informazioni sul fenomeno della violenza, in linea con il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in collaborazione con le istituzioni locali;
b)
adeguati flussi informativi delle attività realizzate, attraverso la rilevazione e raccolta di dati e informazioni tramite l'utilizzo del sistema informatico S.E.Re.N.A. (Sistema Elaborazione dati Regionali Network Antiviolenza) fornito dalla Regione Umbria.
CAPO III
Requisiti e servizi delle Case rifugio e soluzioni abitative temporanee
Art. 7
(Case rifugio)
1.
Le Case rifugio di cui agli articoli 35 e 37 della
l.r. 14/2016
sono strutture residenziali di ospitalità temporanea, ad indirizzo segreto, in grado di offrire accoglienza e protezione alle donne vittime di violenza e alle loro figlie e ai loro figli minori e di salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica grazie alla creazione, con la collaborazione delle donne ospiti, di un luogo protetto, idoneo e sereno, nell'ambito di un progetto personalizzato di fuoriuscita dalla violenza e di recupero della rete sociale che:
a)
è condiviso con la donna e si basa sulla volontà e l'autodeterminazione della donna;
b)
è volto a ripristinare l'autonoma individualità della donna stessa, promuovere l'empowerment attraverso la costruzione di percorsi personali e collettivi che mirano a far uscire la donna dalla condizione di svantaggio, economico e sociale, in cui si trova, nel rispetto della riservatezza e dell'anonimato;
c)
contiene la durata della permanenza.
2.
Le Case rifugio operano a titolo gratuito ed assicurano alloggio e beni primari per la vita quotidiana anche alle donne non residenti nel comune ove è ubicata la struttura. Forniscono, altresì, adeguati servizi educativi e di sostegno scolastico nei confronti dei minori.
3.
Le Case rifugio assicurano l'accoglienza, di norma, previo contatto ed attraverso il CAV e/o con il Comune capofila della Zona sociale di riferimento, e con altri soggetti della Rete di cui all'
articolo 33 della l.r. 14/2016
.
4.
Le Case rifugio operano in stretta sinergia con i CAV ed in raccordo con la Rete di cui all'
articolo 33 della l.r. 14/2016
, anche attraverso il Protocollo unico regionale di cui all'
articolo 31, comma 6 della l.r. 14/2016
e i Protocolli territoriali.
5.
Le Case rifugio, ai sensi dell'
articolo 35, comma 1 della l.r. 14/2016
, sono promosse da:
a)
enti locali, in forma singola o associata;
b)
associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza degli uomini contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificatamente formato;
c)
soggetti di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
6.
I Comuni, ai sensi dell'
articolo 32 della l.r. 14/2016
, in forma singola o associata, assicurano la gestione delle Case rifugio mediante convenzioni con le associazioni ed organizzazioni di donne di cui al
comma 5, lettera b)
, iscritte ai registri del volontariato e della promozione sociale, e con le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) che abbiano come finalità ed attività primarie la prevenzione e il contrasto della violenza degli uomini contro le donne, l'adesione agli obiettivi della Convenzione di Istanbul, nonché abbiano maturato un'esperienza, almeno quinquennale, specifica in materia di violenza contro le donne.
Art. 8
(Requisiti strutturali ed organizzativi della Casa rifugio)
1.
La Casa rifugio corrisponde ad una casa di civile abitazione ovvero ad una struttura di comunità articolata in locali idonei a garantire dignitosamente i servizi di accoglienza.
2.
La Casa rifugio deve essere in possesso dei requisiti previsti dalle norme vigenti per le civili abitazioni in materia urbanistica, edilizia, prevenzione incendi, igiene e sicurezza.
3.
La Casa rifugio deve possedere i requisiti strutturali di seguito elencati:
a)
essere riservata alle destinatarie e alle operatrici dei servizi medesimi;
b)
avere spazi interni, quali camere, sale, servizi igienici, organizzati in modo tale da garantire alle destinatarie un livello adeguato di ospitalità, fruibilità, funzionalità e privacy, con particolare riferimento al mantenimento e allo sviluppo dell'autonomia individuale;
c)
avere camere da letto con arredi decorosi e funzionali;
d)
avere una zona pranzo e soggiorno.
4.
La Casa rifugio deve garantire ambienti, adeguatamente arredati, destinati a spazio gioco e studio per i bambini in età scolare, nonché una sala riunioni.
5.
Nei casi in cui siano presenti madri con più figli minori di età diverse, la definizione del numero dei posti letto previsto nelle camere può essere orientata da un criterio di opportunità pedagogica.
6.
La struttura è dotata di una linea telefonica dedicata.
7.
Nella Casa rifugio è possibile installare idonei sistemi anti intrusione, collegati con le Forze dell'ordine.
8.
La Casa rifugio:
a)
si dota di un regolamento interno;
b)
assicura l'ingresso nella mappatura tenuta dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri;
c)
deve avere una responsabile.
9.
Le Case rifugio sono dotate di un registro delle ospiti e predispongono per le stesse un piano individualizzato di assistenza equiparabile al progetto personalizzato di accoglienza temporanea e di sostegno per le donne, in cui sono indicati anche gli strumenti in grado di supportare la capacità di valutazione della donna stessa circa gli obiettivi raggiunti e da raggiungere.
Art. 9
(Servizi minimi della Casa rifugio)
1.
La Casa rifugio garantisce protezione e ospitalità alle donne e alle loro figlie e ai loro figli minorenni, a titolo gratuito, salvaguardandone l'incolumità fisica e psichica, per i tempi previsti dal percorso personalizzato.
2.
La Casa rifugio definisce e attua il progetto personalizzato volto alla fuoriuscita delle donne dalla violenza provvedendo, con modalità e tempi condivisi con la donna accolta, anche alla cura di eventuali minori a carico.
3.
La Casa rifugio si raccorda con i CAV e gli altri servizi presenti sul territorio, al fine di garantire supporto psicologico, legale e sociale alle donne che hanno subito violenza e alle loro figlie e ai loro figli minori.
4.
La vita all'interno della Casa rifugio è autogestita dalle donne che si assumono la responsabilità, per sé e per le loro figlie e i loro figli minori, del buon andamento della convivenza e del rispetto delle regole, con il supporto e il sostegno delle operatrici impegnate all'interno della Casa.
5.
La Casa rifugio inoltre:
a)
assicura adeguati servizi educativi per le figlie e per i figli minori delle donne ospitate;
b)
assicura personale, esclusivamente femminile, qualificato, adeguatamente formato e specializzato sul tema della violenza di genere come previsto dall'
articolo 13
, nonché figure professionali con funzioni specifiche in materia di servizi educativi dedicati alle figlie e figli minori delle donne ospitate;
c)
garantisce percorsi di formazione iniziale e permanente per il personale e le figure professionali operanti.
6.
Al personale della Casa rifugio è fatto esplicito divieto di applicare le tecniche di mediazione familiare.
7.
Le Case rifugio sono dotate di un registro delle ospiti e predispongono, per le stesse, un piano individualizzato di assistenza equiparabile al progetto personalizzato di accoglienza temporanea e di sostegno per le donne, il quale indica, in particolare, gli obiettivi da raggiungere, i contenuti e le modalità dell'intervento e gli strumenti di verifica.
8.
Le Case rifugio mettono in atto idonee misure per assicurare l'assoluta riservatezza delle ospiti.
9.
La Casa rifugio deve garantire, inoltre:
a)
un'attività di raccolta e analisi di dati e di informazioni sul fenomeno della violenza, in linea con il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, in collaborazione con le istituzioni locali;
b)
adeguati flussi informativi delle attività realizzate, attraverso la rilevazione e raccolta dei dati e informazioni tramite l'utilizzo del sistema informatico S.E.Re.N.A. (Sistema Elaborazione dati Regionali Network Antiviolenza) fornito dalla Regione Umbria.
Art. 10
(Casa rifugio di emergenza-urgenza)
1.
La Casa rifugio di emergenza-urgenza, ai sensi di quanto previsto dall'
articolo 37 della l.r. 14/2016
, è una soluzione abitativa temporanea per le donne vittime di violenza e per le loro figlie e i loro figli minori, con i requisiti di cui agli articoli 7, 8 e 9, che garantisce gli inserimenti in emergenza per periodi brevi ma sufficienti per una prima valutazione e individuazione di un iniziale progetto di fuoriuscita dalla violenza da parte del CAV.
2.
La Casa rifugio di emergenza-urgenza ha una responsabile che, il giorno dopo l'inserimento della donna, attiva l'incontro con le operatrici del CAV, in collaborazione con il Comune competente.
Art. 11
(Soluzioni abitative temporanee diverse dai CAV residenziali e dalle Case rifugio)
1.
Le soluzioni abitative temporanee di cui all'
articolo 37 della l.r. 14/2016
sono strutture alloggiative temporanee, individuali e collettive, messe a disposizione dalla Rete di cui all'
articolo 33 della l.r. 14/2016
nelle quali sono ospitate le donne vittime di violenza e le loro figlie e i loro figli minori, che necessitano comunque di un periodo di tempo per raggiungere l'autonomia abitativa o per rientrare in possesso della precedente abitazione.
2.
L'inserimento nelle soluzioni abitative temporanee è effettuato dai CAV, anche su segnalazione dei soggetti della Rete di cui al
comma 1
.
3.
Le soluzioni abitative temporanee devono possedere i requisiti di cui all'
articolo 8
, commi da 1 a 6, e garantire i servizi di cui all'
articolo 9
, commi 3, 4, 5 lettere b) e c), e commi 6 e 7 e di cui all'
articolo 13, comma 2
. Le stesse operano con personale esclusivamente femminile, anche volontario, adeguatamente formato e con esperienza pluriennale nelle materie inerenti la violenza di genere.
Art. 12
(Case di semi-autonomia)
1.
Le Case di semi-autonomia sono soluzioni abitative di ospitalità temporanea di cui all'
articolo 11
, con i requisiti di cui al medesimo
articolo 11, comma 3
, per le donne vittime di violenza e per le loro figlie e i loro figli minori, che:
a)
non si trovano in condizione di pericolo immediato a causa della violenza;
b)
non hanno raggiunto, al momento della dimissione dai Centri antiviolenza e dalle Case rifugio, la piena autonomia per motivi psicologici, culturali, educativi, legali ed economici;
c)
necessitano, ancora, di servizi di supporto e accompagnamento nel progressivo raggiungimento dell'autonomia, tramite singoli progetti personalizzati.
2.
Le Case di semi-autonomia operano in stretto collegamento con i CAV e le Case rifugio e devono garantire le prestazioni di figure professionali quali: psicologhe, educatrici professionali o di comunità, assistenti sociali e, qualora necessario, mediatrici culturali.
3.
L'inserimento nella Casa di semi-autonomia è effettuato dal CAV, in raccordo con il Comune capofila e dalla rete dei servizi sociali.
4.
L'inserimento delle donne nelle Case di semi-autonomia avviene tenuto conto di quanto previsto nel regolamento interno di cui all'
articolo 15, comma 3
.
5.
Le Case di semi-autonomia sono parte integrante della Rete territoriale di cui all'
articolo 33 della l.r. 14/2016
.
CAPO IV
Requisiti comuni dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio
Art. 13
(Requisiti del personale dei Centri antiviolenza, residenziali e non residenziali e delle Case rifugio)
1.
Il CAV residenziale e non residenziale, la Casa rifugio e la Casa rifugio di emergenza-urgenza sono servizi specialistici antiviolenza e devono avvalersi esclusivamente di personale femminile, anche volontario, con formazione specifica e con esperienza almeno biennale, nelle materie inerenti la violenza di genere e assicurare adeguate prestazioni di figure professionali specifiche, quali:
a)
assistenti sociali;
b)
psicologhe;
c)
educatrici professionali o pedagogiste;
d)
avvocate civiliste e penaliste, anch'esse con una formazione specifica sul tema della violenza di genere ed iscritte all'albo del gratuito patrocinio;
e)
una mediatrice linguistico-culturale qualora siano presenti donne straniere;
f)
una responsabile con funzioni di direzione e coordinamento. La responsabile deve possedere adeguata formazione in tema di violenza di genere e di coordinamento e aver maturato una esperienza almeno triennale su tale materia.
2.
Il CAV residenziale e non residenziale di cui all'
articolo 2
, la Casa rifugio di cui all'
articolo 7
, la Casa rifugio di emergenza-urgenza di cui all'
articolo 10
e la Casa di semi-autonomia di cui all'
articolo 12
si avvalgono del volontariato e supportano la donna al fine di consentire alla stessa di usufruire pienamente della propria rete sociale, familiare, amicale e istituzionale.
3.
Alle operatrici di CAV, Casa rifugio, Casa rifugio di emergenza-urgenza e Casa di semi-autonomia è fatto esplicito divieto di applicare le tecniche di mediazione familiare.
4.
Le operatrici della Casa rifugio di emergenza-urgenza devono essere in grado di fare la valutazione del rischio.
5.
Deve essere garantita la formazione iniziale e continua per le operatrici, le volontarie e per tutte le figure professionali operanti in ciascun CAV residenziale e non residenziale, in ciascuna Casa rifugio e Casa rifugio di emergenza-urgenza e deve essere assicurata la partecipazione delle stesse alle iniziative formative realizzate dalla Regione e/o dal Centro per le pari opportunità regionale.
6.
I CAV residenziali possono gestire direttamente le Case rifugio; in questo caso devono garantire equipe diverse di operatrici.
Art. 14
(Misure di sicurezza dei CAV e delle Case rifugio)
1.
I CAV e le Case rifugio garantiscono misure idonee alla sicurezza, dotandosi di un Piano di sicurezza da condividere con le Forze dell'ordine.
2.
Non è consentito l'accesso agli autori della violenza e dei maltrattamenti.
3.
Per motivi di sicurezza, non è consentito l'accesso ad estranei salvo casi eccezionali autorizzati dall'equipe e dalle donne ospitate.
Art. 15
(Ulteriori requisiti comuni dei CAV e delle Case rifugio)
1.
I CAV e le Case rifugio devono possedere i requisiti fissati dall'Intesa relativa ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio di cui all'
articolo 1, comma 2, lettera c)
. Inoltre:
a)
basano le prestazioni erogate su standard di qualità;
b)
vietano l'accesso ai locali dei servizi agli autori della violenza e dei maltrattamenti;
c)
si attengono alle indicazioni nazionali per la valutazione del rischio;
d)
assicurano un'adeguata supervisione periodica per le operatrici e le figure professionali operanti nei centri;
e)
stabiliscono percorsi personalizzati di protezione e sostegno, formulati nel rispetto delle decisioni e dei tempi delle donne, basati sull'utilizzo di procedure di intervento comuni per tutte le strutture, che garantiscano un collegamento tra i servizi interessati, con particolare riferimento a quelli sanitari e sociali e con gli Uffici giudiziari e con le Forze dell'ordine.
2.
I regolamenti interni dei CAV residenziali di cui all'
articolo 5
e delle Case rifugio di cui all'
articolo 8, comma 8, lettera a)
devono avere disposizioni che disciplinano le modalità di ingresso dei minori tenendo conto, in particolare, che:
a)
al momento dell'ingresso dei minori nel CAV residenziale e nella Casa rifugio sia data comunicazione all'Autorità giudiziaria competente e al Comune dove è ubicato il servizio per l'attivazione dei servizi sociali, nonché alle altre istituzioni competenti per fornire adeguati servizi educativi e di sostegno scolastico;
b)
il CAV residenziale e la Casa rifugio, qualora interessati dall'inserimento di un minore che, in considerazione dell'età o della sussistenza di altre situazioni particolari, incida sullo svolgimento della vita del servizio residenziale e sulle persone ospitate, può proporre che detto inserimento sia disposto, insieme alla madre, in un'altra struttura. L'inserimento del minore, della madre ed eventualmente dei fratelli viene disposto in accordo tra le zone sociali interessate e secondo le disposizioni dell'autorità giudiziaria competente;
c)
nel caso dei minori il CAV residenziale o la Casa rifugio procede, nel rispetto della normativa vigente e tenuto conto dei principi della Convenzione di Istanbul e delle linee guida del CISMAI (Coordinamento italiano dei Servizi contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia), ad una valutazione del rischio da inviare al Servizio sociale comunale che provvederà all'inoltro all'autorità giudiziaria. Tale valutazione del rischio è effettuata prima di dar corso agli eventuali incontri protetti tra il minore e il maltrattante secondo le disposizioni dell'autorità giudiziaria competente. Il CAV può attivare, inoltre, prima di tali incontri, secondo le disposizioni della medesima autorità giudiziaria, percorsi di ascolto a favore del minore stesso, nel rispetto dei tempi necessari all'elaborazione dell'esperienza traumatica.
3.
I regolamenti interni dei CAV residenziali e delle Case rifugio devono avere disposizioni che disciplinano l'inserimento delle donne tenuto conto, in particolare, che:
a)
l'inserimento delle donne nei servizi residenziali è disposto dalla Zona sociale, ove è ubicato il CAV tramite il Comune capofila congiuntamente al CAV stesso;
b)
l'inserimento è effettuato anche su segnalazione dei soggetti della Rete di cui all'
articolo 33 della l.r. 14/2016
, tenuto conto del provvedimento dell'autorità giudiziaria in caso di minori;
c)
al fine di tutelare il rapporto tra la madre ed i figli minori, nel rispetto delle norme vigenti, è necessario l'inserimento familiare nella medesima struttura;
d)
nel caso in cui non ci sia posto nelle strutture di cui
comma 1
, la Zona sociale tramite il Comune capofila cerca, tra le strutture ubicate in diversa Zona sociale, quella disponibile, secondo il criterio, ove possibile, della maggior vicinanza al luogo di residenza. Per motivi di sicurezza, in collaborazione con le Forze dell'ordine, deve comunque essere individuata una struttura che garantisca la tranquillità delle donne ospitate.
Art. 16
(Finanziamento)
1.
I CAV, le Case rifugio e le soluzioni abitative temporanee sono finanziate con risorse europee, statali, regionali e degli enti locali mediante il Programma regionale di prevenzione e contrasto della violenza di genere.
2.
La Giunta regionale, con proprio atto, stabilisce l'ammontare minimo della quota giornaliera di ospitalità delle donne e dei minori ospitati nei CAV residenziali e nelle Case rifugio ed il costo delle prestazioni erogate dai CAV non residenziali e dalle Case di semi-autonomia.
3.
In caso di ospitalità nei CAV residenziali e nelle Case rifugio di donne e minori non residenti in Umbria, il Comune di residenza della donna provvede al pagamento di una retta, erogata per i giorni di permanenza nella struttura.
Art. 17
(Tempi di permanenza)
1.
I tempi di permanenza nei servizi residenziali sono, ad eccezione di quanto previsto al
comma 2
, non superiori a:
a)
novanta giorni nei CAV residenziali di cui all'
articolo 3
;
b)
centoottanta giorni nelle Case rifugio a indirizzo segreto di cui all'
articolo 7
;
c)
sei giorni nelle Case rifugio di emergenza-urgenza di cui all'
articolo 10
;
d)
trecentosessantacinque giorni nelle Case di semi-autonomia di cui all'
articolo 12
.
2.
La Zona sociale tramite il Comune capofila, in considerazione di specifiche esigenze rappresentate, dopo aver sentito la donna, dai gestori dei servizi residenziali di cui al
comma 1
, può prorogare, nell'ambito del progetto personalizzato, i termini di permanenza di cui al medesimo
comma 1
, tenuto conto delle caratteristiche e delle finalità di ciascun servizio.
CAPO V
Criteri e modalità per il rilascio dell'autorizzazione dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio. Revoca, sospensione e decadenza della stessa
Art. 18
(Domanda di autorizzazione al funzionamento dei CAV e delle Case rifugio)
1.
L'autorizzazione al funzionamento dei CAV e delle Case rifugio è rilasciata, ai sensi dell'
articolo 32 della l.r. 14/2016
, dalle Zone sociali di cui all'
articolo 268 bis della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11
, tramite il Comune capofila.
2.
La domanda di autorizzazione di cui al
comma 1
è indirizzata al Comune capofila della Zona sociale nel cui territorio è ubicato il CAV o la Casa rifugio ed è presentata e sottoscritta dal legale rappresentante del soggetto gestore del CAV o della Casa rifugio.
3.
La domanda di autorizzazione deve contenere, mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto di notorietà di cui al
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. (Testo A)), in particolare:
a)
i dati anagrafici del legale rappresentante del soggetto gestore del CAV o della Casa rifugio;
b)
i dati, la natura giuridica e l'indirizzo del soggetto gestore;
c)
il tipo di servizio reso;
d)
la capacità alloggiativa della struttura;
e)
i dati relativi al soggetto responsabile.
4.
Alla domanda di autorizzazione sono allegati i seguenti documenti:
a)
copia dell'atto costitutivo e dello
statuto
del soggetto gestore;
b)
dichiarazione sostitutiva, ai sensi del
D.P.R. 445/2000
, del legale rappresentante del soggetto gestore, attestante che lo stesso non ha riportato condanne penali passate in giudicato che impediscano, ai sensi delle vigenti disposizioni, di poter costituire rapporti contrattuali con una pubblica amministrazione;
c)
la dichiarazione sostitutiva, ai sensi del
D.P.R. 445/2000
, del legale rappresentante del soggetto gestore, attestante il rispetto della normativa vigente in materia urbanistica, edilizia, prevenzione incendi, igiene e sicurezza ed il rispetto dei requisiti di cui al presente regolamento;
d)
la planimetria quotata dei locali del servizio con l'indicazione della destinazione d'uso dei singoli ambienti, nonché degli eventuali spazi esterni annessi;
e)
la dotazione organica e le relative qualifiche e funzioni del personale previsto;
f)
la carta dei servizi;
g)
il regolamento interno;
h)
un piano finanziario relativo alla gestione del servizio;
i)
le misure di sicurezza di cui all'
articolo 14
;
j)
ogni altro documento ritenuto utile dal soggetto gestore.
Art. 19
(Verifica requisiti delle soluzioni abitative temporanee)
1.
Le Zone sociali di cui all'
articolo 268 bis della l.r. 11/2015
, tramite il Comune capofila, previo parere obbligatorio del gruppo tecnico di cui all'
articolo 21
, verificano il possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento per le soluzioni abitative temporanee di cui agli articoli 11 e 12.
Art. 20
(Modalità di rilascio dell'autorizzazione al funzionamento)
1.
La Zona sociale, tramite il Comune capofila, verifica il possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento e, previo parere obbligatorio del gruppo tecnico di cui all'
articolo 21
, rilascia o diniega l'autorizzazione al funzionamento di cui all'
articolo 18
. L'autorizzazione o il diniego deve essere reso entro novanta giorni dalla data di presentazione della domanda.
2.
L'autorizzazione contiene, in particolare:
a)
l'esatta denominazione del soggetto gestore, la natura giuridica e l'indirizzo;
b)
l'esatta denominazione del servizio e la sua ubicazione;
c)
la capacità ricettiva massima;
d)
il nominativo della responsabile;
e)
la data del rilascio e della scadenza dell'autorizzazione.
3.
L'autorizzazione ha una validità di tre anni, trascorsi i quali è necessario il rilascio di una nuova autorizzazione.
4.
In caso di variazione temporanea di uno o più elementi che hanno determinato il rilascio dell'autorizzazione, il legale rappresentante del soggetto gestore, entro cinque giorni dall'intervenuta variazione, è tenuto a darne comunicazione alla Zona sociale tramite il Comune capofila.
5.
Ogni variazione stabile, che si protrae oltre i sessanta giorni, di uno o più elementi che hanno determinato il rilascio dell'autorizzazione, deve essere preventivamente autorizzata dalla Zona sociale tramite il Comune capofila.
6.
In caso di necessità di trasferimento del servizio in una Zona sociale diversa da quella che ha rilasciato l'autorizzazione, il legale rappresentante del soggetto gestore richiede una nuova autorizzazione al funzionamento alla nuova Zona sociale.
7.
La Zona sociale tramite il Comune capofila deve trasmettere alla Regione entro sette giorni dalla loro adozione:
a)
i provvedimenti autorizzativi;
b)
i provvedimenti di sospensione, revoca e decadenza dell'autorizzazione;
c)
i provvedimenti di diniego dell'autorizzazione;
d)
ogni altro provvedimento che determina le condizioni di funzionamento dei servizi.
8.
I CAV e le Case rifugio autorizzati vengono iscritti nell'apposito elenco di cui all'
articolo 31, comma 2, lettera f) della l.r. 14/2016
. Tale elenco è istituito e tenuto dalla Regione.
Art. 21
(Gruppo tecnico di valutazione)
1.
La Zona sociale, tramite il Comune capofila, nomina un gruppo tecnico di valutazione che svolge i seguenti compiti:
a)
esprime il parere tecnico di supporto al rilascio, sospensione e revoca dell'autorizzazione di cui all'
articolo 18
;
b)
effettua i controlli al fine di verificare il rispetto dei requisiti e delle disposizioni di cui al presente regolamento e alla normativa vigente.
2.
Il gruppo tecnico di valutazione dura in carica tre anni.
3.
Il gruppo tecnico di valutazione è presieduto dal responsabile del Comune capofila della Zona sociale, che si occupa del contrasto della violenza o suo delegato ed è formato da tre componenti, oltre il presidente, esperti in ambito di contrasto della violenza di genere o sociale, pedagogico o educativo, amministrativo o logistico-strutturale. Per ogni componente esperto è previsto un supplente.
4.
Ciascun componente esperto può essere nominato nel gruppo tecnico della medesima Zona sociale per massimo due volte. Le Zone sociali possono stipulare intese per la gestione associata del gruppo tecnico.
5.
La Regione può provvedere alla formazione specifica in materia di violenza di genere del personale dei comuni che si occupa delle materie di cui al presente regolamento.
Art. 22
(Sospensione, revoca e decadenza dell'autorizzazione)
1.
La Zona sociale, tramite il Comune capofila, anche su segnalazione della Regione e dei comuni, constatate eventuali irregolarità in seguito alle verifiche e ai controlli di cui all'
articolo 23
, procede, previa diffida, alla sospensione dell'autorizzazione e ingiunge al legale rappresentante del soggetto gestore di rimuovere le irregolarità rilevate. Il provvedimento di ingiunzione deve indicare le necessarie prescrizioni e il termine di adeguamento, rapportato alle irregolarità riscontrate.
2.
La Zona sociale, tramite il Comune capofila, nel caso di mancato adeguamento alle prescrizioni e ai termini ingiunti, oppure in caso di irregolarità grave o reiterata, revoca l'autorizzazione al funzionamento. Contestualmente al provvedimento di revoca dell'autorizzazione, i servizi sociali competenti individuano un'altra struttura ove collocare la donna ospitata e, in caso di presenza di minori, tenuto conto delle prescrizioni dell'autorità giudiziaria competente.
3.
L'autorizzazione decade nei casi di estinzione giuridica o di rinuncia del soggetto gestore.